Contro l’Entusiasmo Religioso

L’Entusiasmo Religioso è il grande zelo che impegna completamente una persona e che può portarla, abbassandone o annullandone i normali freni inibitori, ad una cieca e irragionevole dedizione, ad un’ubbidienza cieca che annebbia le facoltà critiche e a gesti ed atti inconsulti lesivi di sé stessi e degli altri.

Può essere paragonato all’effetto dell’abuso di alcool, di droga o di condizionamento ipnotico, e che induce alterazioni dei processi cerebrali tali da produrre uno stato di stupore, estasi religiosa, visioni, allucinazioni, urla, frasi sconnesse, e “rivelazioni” sospinte da un presunto “afflato divino”.

L’origine di questa parola è da legarsi proprio allo stato in cui, anticamente, nel paganesimo, l’iniziato, il sacerdote o il profeta veniva “posseduto” dal suo dio come nei culti dionisiaci ed apollinei, o come nel caso delle baccanti. Secondo Socrate, lo stesso indica l’ispirazione delle Muse sugli artisti.

Quando tutto questo è espressione e risultato di un movimento, si può parlare, così, in storia e sociologia di “movimento entusiastico”, perché ispirato da intenso fervore politico o religioso.

A questo proposito La Lettera sull’entusiasmo (1708) di Shaftesbury ne parla ampliamente. Ribellatosi ai fanatici puritani del secolo precedente e all’isteria selvaggia di un gruppo di esuli francesi che profetizzavano a Londra nel 1707, Shaftesbury denunciò ogni forma di stravaganza religiosa come perversioni della “vera religione”, la religione naturale.

Questi falsi profeti stavano indirizzando le emozioni religiose, di per sé benigne, nei canali sbagliati. Qualsiasi descrizione di Dio che descrivesse la sua imminente vendetta , vendetta, gelosia e crudeltà distruttiva era blasfema. Poiché la sana religione poteva trovare espressione solo tra uomini sani, nella letteratura deista era comune l’argomento che la predicazione fosse estrema l’ascetismo , la pratica dell’autotortura e la violenza delle persecuzioni religiose erano tutte prove di malattie psicologiche e non avevano nulla a che fare con il sentimento e la condotta religiosa autentica. Il Dio deista, sempre gentile, amorevole e benevolo , voleva che gli uomini si comportassero gli uni verso gli altri nello stesso modo gentile e tollerante. (fonte)

Shaftesbury si rifaceva a Giordano Bruno, secondo la divisione tra entusiamo religioso ed entusiamo laico. Il secondo Bruno la intende come «eroico furore». Nei dieci dialoghi che compongono l’opera De gli eroici furori, pubblicati a Londra nel 1585, Bruno individua tre specie di passioni umane:

– quella per la vita speculativa, volta alla conoscenza
– quella per la vita pratica e attiva
– e quella per la vita oziosa.

Le due ultime tendenze sono espressione di un furore di poco valore, un «furore basso»; il desiderio di una vita volta alla contemplazione è invece l’espressione di un «furore eroico», con il quale l’anima, «rapita sopra l’orizzonte de gli affetti naturali […] vinta da gli alti pensieri, come morta al corpo, aspira ad alto».

Il deista Giordano Bruno però afferma che non si giunge a tale effetto con la preghiera, con atteggiamenti devozionali, con «aprir gli occhi al cielo, alzar alto le mani» ma, al contrario, con il «venir al più intimo di sé, considerando che Dio è vicino, con sé e dentro di sé più ch’egli medesmo esser non si possa, come quello che è anima delle anime, vita delle vite, essenza de le essenze». Da questo “entusiasmo religioso” , segnato dalla presenza di Dio dentro di sé, Bruno distingue, l’entusiasmo naturale, il «fervore naturale» che accresce la facoltà razionale del filosofo che ricerca la verità.

L’entusiasmo moderato dalla ragione osserva Kant produce effetti benefici, è una nobile fantasticheria che permette di superare molte difficoltà ma è pericoloso nella religione. L’entusiasmo ha caratterizzato l’età dei cavalieri ma ora la fredda ragione deve intervenire a moderarlo e civilizzarlo.