Gli ateisti (intesi come gli “atei da battaglia”) si divertono a mettere nello stesso pentolone deisti e teisti, vuoi per ignoranza, vuoi per provocazione. A volte, quando capiscono la differenza, rimangono confusi dall’idea di credere in un Dio senza attribuirgli una lunga sequenza di dogmi e volontà specifiche.
Quando capiscono la differenza, spesso attaccano i deisti dichiarando: «ma allora il Dio deista a che serve?». Questa domanda per un deista non ha senso. Si basa su una visione totalmente utilitaristica e materialista della fede, forse dovuta all’abitudine a discutere con i teisti che dagli albori dell’umanità usano Dio per spiegare la pioggia, la lebbra, e tutto il resto.
Quando nel dicembre 2004 gli fu chiesto ad Antony Flew, uno dei più importanti filosofi delle religioni dello scorso secolo, della sua conversione dall’ateismo al deismo, l’intellettuale risposte: « Sono abbastanza felice di credere in un Dio inattivo e inoffensivo.»
Un deista non crede in Dio perché gli serve a qualcosa, se non al massimo come Motore Primo dell’esistenza. In una lettera scritta allo storico e ateo Richard Carrier, Flew dichiarò:
« Penso che qui abbiamo bisogno di una distinzione fondamentale tra il Dio di Aristotele o di Spinoza e il Dio delle rivelazioni cristiane e islamiche. […] La mia sola e unica prova rilevante per un Dio aristotelico è l’apparente impossibilità di fornire una teoria naturalistica dell’origine dal DNA della prima specie riproduttiva… Anzi, l’unica ragione che ho per iniziare a pensare di credere in un Dio Causa Prima è l’impossibilità di fornire una spiegazione naturalistica dell’origine dei primi organismi riproduttivi.»
La stessa posizione la troviamo in altri scienziati deisti, come Francis Collins, il genetista statunitense che ha guidato il team di ricercatori che ha decifrato il genoma umano, che raccontando il suo distacco dall’ateismo dichiarò:
« Ero sbalordito dall’eleganza del codice genetico umano. Mi resi conto di aver optato per una cecità volontaria e di essere caduto vittima di arroganza, avendo evitato di prendere seriamente in considerazione che Dio potesse rappresentare una possibilità reale. Non riesco a capire come la natura avrebbe potuto crearsi da sé. Nessuno scienziato serio oserebbe affermare di avere a portata di mano una spiegazione naturalistica dell’origine della vita. Solo una forza al di fuori del tempo e dello spazio avrebbe potuto fare una cosa simile. Il Big Bang domanda a gran voce una spiegazione divina, e infatti si accorda perfettamente con l’idea di un Dio Creatore trascendente.»
La visione degli scienziati e filosofi moderni riprende a pieno le tesi dei primi deisti in senso classico, in quanto già nell’Età della Ragione di Thomas Paine si legge:
« Certuni tuttavia diranno forse: allora non dobbiamo avere una parola di Dio, una rivelazione? Io rispondo: sì, esiste una parola di Dio. Esiste una rivelazione. LA PAROLA DI DIO È LA CREAZIONE CHE NOI CONTEMPLIAMO e con questa parola che nessuna invenzione umana può contraffare o alterare Dio parla universalmente all’uomo. Solo nella CREAZIONE possono unificarsi tutte le nostre idee e i nostri concetti di una parola di Dio. La Creazione parla di un linguaggio universale, indipendentemente dai discorsi e dalle lingue umane, che sono molteplici e vari. È un originale perenne, che ogni uomo può leggere. Non può essere falsificata. Non può essere contraffatta. Non può essere perduta. Non può essere modificata. Non può essere cancellata. Non può dipendere dalla volontà dell’uomo renderla nota o meno. Si rende nota da sola da un capo all’altro del mondo. Predica a tutte le nazioni e a tutti i mondi; e questa parola di Dio rivela all’uomo tutto quanto è necessario all’uomo sapere su Dio.»
Per concludere, quindi, per i deisti la domanda “il vostro Dio a che serve?” ha un’importanza relativa. Dio è un’ipotesi, basata sulla ragione, che la realtà non sia costituita solo ed unicamente da ciò che è osservabile nel mondo materiale, ma che possa avere altre dimensioni di esistenza che trascendono il mondo per come lo conosciamo. Un’ipotesi non basata su dogmi, che spinge alla tolleranza e al dialogo nei confronti di chiunque abbia la verità in tasca di come stanno davvero le cose.