Gli atei si sposano in comune, i teisti si sposano nei loro templi religiosi. Ma come si sposano i deisti?
Ovviamente, nel caso di un matrimonio misto, un deista può seguire la visione del suo partner, sposarsi in comune se è ateo, sposarsi in un tempio se teista (anche se in quest’ultimo caso il deista lo farà più per accontentare i parenti che per sé).
Ma cosa possono fare due deisti che intendono unirsi nel matrimonio?
Il Deismo da quando è nato si è sempre proposto come una soluzione razionale e tollerante a chi intende lasciare la sua religione perché non si ritrova più nei dettami e dogmi, ma allo stesso tempo sente la necessità di continuare a credere in qualcosa, quindi rifiutando l’ateismo.
Allo stesso modo, seppur il deismo non vede un’importanza sacrale nel rito, ne riconosce senza ombra di dubbio un’importanza formale e di coesione sociale. Per questo motivo l’Unione Deista Italiana metterà a disposizione dei Lumi per aiutare i deisti a formalizzare un matrimonio attraverso un rito.
I deisti avranno la totale libertà di scegliere come organizzare la cerimonia, supportato dal Lume, che non potrà imporsi in alcun modo, ma solo dare supporto.
L’UDI suggerisce di svolgere la cerimonia all’aperto, in una zona verde a contatto con la natura, per essere più vicini alla creazione di Dio, e di fare delle letture di pezzi tratti da testi deistici, ma come detto ogni coppia avrà la totale libertà di come voler celebrare il suo matrimonio.
Una cosa che differenzierà il matrimonio deista da quello delle altre religioni è che non c’è alcuna discriminazione sull’orientamento sessuale e genere dei partecipanti. Inoltre, saranno ammessi anche matrimoni poliamorosi, in quanto i Deisti non condannano in alcun modo alcuna forma di unione amorosa, finché consensuale, anzi ogni forma di amore è vista come un gradino per avvicinarci a Dio.
Nella Storia
Uno dei matrimoni deisti più antichi nella storia è quello di Jean-Paul Marat e compagna Simonne Evrard, membri del Culto dell’Essere Supremo. (fonte)
Aspetti legali
La Legge 24 giugno 1929, n. 1159, ovvero Disposizioni sull’esercizio dei culti ammessi nello Stato e sul matrimonio celebrato davanti ai ministri dei culti medesimi, prevede i seguenti aspetti legali:
Art. 7. Il matrimonio celebrato davanti ad alcuno dei ministri di culto indicati nel precedente art. 3 produce dal giorno della celebrazione gli stessi effetti del matrimonio celebrato davanti l’ufficiale dello stato civile, quando siano osservate le disposizioni degli articoli seguenti.
Art. 8. Chi intende celebrare il matrimonio davanti alcuno dei ministri di culto, indicati nel precedente art. 3, deve dichiararlo all’ufficiale dello stato civile, che sarebbe competente a celebrare il matrimonio.
L’ufficiale dello stato civile, dopo che siano state adempiute tutte le formalità preliminari e, dopo avere accertato che nulla si oppone alla celebrazione del matrimonio secondo le norme del codice civile, rilascia autorizzazione scritta con indicazione del ministro del culto davanti al quale la celebrazione deve aver luogo e della data del provvedimento, con cui la nomina di questi venne approvata ai termini dell’art. 3.
Art. 9. Il ministro del culto, davanti al quale avviene la celebrazione, deve dare lettura agli sposi degli articoli 130, 131 e 132 del codice civile e ricevere, alla presenza di due testimoni idonei, la dichiarazione espressa di entrambi gli sposi, l’uno dopo l’altro, di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie, osservata la disposizione dell’art. 95 del codice civile.
L’atto di matrimonio dev’essere compilato immediatamente dopo la celebrazione, redatto in lingua italiana nelle forme stabilite dagli articoli 352 e 353 del codice civile per gli atti dello stato civile e deve contenere le indicazioni richieste nell’art. 10 della presente legge.
L’atto, così compilato, sarà subito trasmesso in originale all’ufficiale dello stato civile e, in ogni caso, non oltre cinque giorni dalla celebrazione.
Art. 10. L’ufficiale dello stato civile, ricevuto l’atto di matrimonio, ne cura, entro le ventiquattro ore, la trascrizione nei registri dello stato civile, in modo che risultino le seguenti indicazioni:
– il nome e cognome, l’età e la professione, il luogo di nascita, il domicilio o la residenza degli sposi;
– il nome e cognome, il domicilio o la residenza dei loro genitori;
– la data delle eseguite pubblicazioni o il decreto di dispensa;
– la data del decreto di dispensa, ove sia stata concessa, da alcuno degli impedimenti di legge;
– il luogo e la data in cui seguì la celebrazione del matrimonio;
– il nome e il cognome del ministro del culto dinanzi al quale seguì la celebrazione del matrimonio.
L’ufficiale dello stato civile deve dare avviso al procuratore del Re, nei casi e per gli effetti indicati nell’art. 104 del regio decreto 15 novembre 1865, n. 2602, per l’ordinamento dello stato civile.
Art. 11. Al matrimonio celebrato davanti il ministro di un culto ammesso nello Stato e debitamente trascritto nei registri dello stato civile si applicano, anche per quanto riguarda le domande di nullità, tutte le disposizioni riflettenti il matrimonio celebrato davanti l’ufficiale dello stato civile.
Art. 12. Agli effetti dell’art. 134 del codice civile è parificato alla celebrazione del matrimonio il rilascio dell’autorizzazione prevista nell’art. 8 della presente legge.
Incorre nella multa stabilita nell’art. 134 del codice civile l’ufficiale dello stato civile che omette di eseguire la trascrizione dell’atto di matrimonio, entro il termine indicato nell’art. 10 della presente legge.
Art. 13. Gli articoli 7 a 12 della presente legge entreranno in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.
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