Ciò che è illegale per tutti, può essere concesso ad alcuni, se è per motivi legati alla libertà religiosa. Ad esempio, per legge gli animali vanno uccisi previo stordimento, ma questo obbligo non è richiesto ai musulmani ed ebrei, i quali per motivi religiosi non stordiscono l’animale prima che sia ucciso. Dunque, anche se di base la legge è uguale per tutti, in realtà per motivi religiosi si può andare oltre la legge.
Altro esempio è il consumo di cannabis. Questa pratica, vietata dalla legge, è in realtà concessa ai seguaci della religione rastafariana. Nel 2004 infatti la Corte di Cassazione italiana ha detto che i rastafariani possono detenere legalmente quantitativi di cannabis per uso personale, in quanto essa è considerata:
“Non solo come erba medicinale, ma anche come erba meditativa e, come tale, come possibile portatore dello stato psicofisico per la contemplazione e la preghiera”.
L’Unione Deista Italiana ritiene che questo diritto sia riconosciuto allo stesso modo ai Deisti, per i motivi che andremo a spiegare.
La meditazione secondo il Deismo
Il Deismo di base non ha riti, e questa è una cosa che caratterizza il Deismo e lo distingue dalle altre religioni. Un’organizzazione deista eventualmente può organizzare dei riti pubblici, come le quattro feste annuali proposte da Voltaire, oppure dei riti domestici, come prevedeva il culto teofilantropo, ovvero: una breve invocazione di Dio al mattino e in una sorta di esame di coscienza alla fine del giorno, un semplice altare su cui sono posti fiori e frutti, alcune iscrizioni alle pareti, e una piattaforma per i lettori o gli oratori.
Questi riti comunque non sono un dogma. Ogni deista è libero di seguirli o meno. Il Deismo in sé non afferma l’obbligo di seguire questi riti, né parla di punizioni dopo la morte per chi decida di non seguirli. Al contrario, ogni organizzazione deista e ogni singolo individuo deista è libero di inventare i suoi riti per ringraziare Dio dei suoi doni, fin tanto che questo non nuoccia al prossimo.
Per questo motivo, ogni deista deve avere il diritto di esercitare la sua libertà religiosa di praticare il rito della meditazione, e di usare quella che la Corte di Cassazione italiana ha definito “erba meditativa”, esattamente com’è stato riconosciuto ai rastafariani. Uguaglianza religiosa riconosciuta dalla religione.
Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che i rastafariani hanno l’obbligo di fumare canapa, ma questo obbligo in realtà non esiste. L’uso della canapa è importante nella religione rastafariana, ma è soltanto consigliato. Non c’è alcuna pena nel dopo-vita per i rastafariani che decidono di non assumere canapa.
La contemplazione e la preghiera secondo il Deismo
La Corte di Cassazione ha stabilito che i rastafariani hanno il diritto di usare la canapa “per la contemplazione e la preghiera”. Qualcuno potrebbe obiettare dicendo che i deisti non hanno preghiere. Ma anche qui, come nel paragrafo precedente, cioè che afferma il Deismo non è il rifiuto categorico di certi riti, ma la loro non obbligatorietà. Per quanto riguarda pregare infatti, tendenzialmente i deisti lo ritengono inutile, ma non per questo non esistono preghiere deiste, di cui le più famose forse sono la preghiera a Dio di Voltaire e il credo di Thomas Paine.
Le preghiere deiste differiscono dalle preghiere delle altre religioni perché non consistono nel ripetere a pappagallo delle formule magiche scelte da altri, ma costituiscono molto più spesso un dialogo diretto tra colui che prega e Dio, sono quindi personalizzate. Ovviamente questo vale solo per i deisti che scelgono di farlo, e consistono più spesso in ringraziamenti a Dio, piuttosto che la richiesta di favori.
Per quanto riguarda la contemplazione, essa è sicuramente un fenomeno più diffuso all’interno della comunità deista. Ogni deista che guarda un panorama mozzafiato non può che restare affascinato e grato a Dio per la bellezza della natura, non tanto perché essa possa essere stata creata appositamente per lui, ma più per la possibilità che gli abbia dato Dio nel poter godere di quel momento. Quindi sì, i deisti amano contemplare il disegno divino, e quindi devono avere diritto all’utilizzo dell’erba meditativa in quanto “possibile portatore dello stato psicofisico per la contemplazione”.
Effetti positivi sulla Spiritualità delle “droghe”
Grazie ad una ricerca della Johns Hopkins University si è scoperto che, somministrando psilocibina (principio attivo delle droghe psicotrope) a dei sacerdoti questi registravano esperienze mistiche di grande portata.
Secondo le ricerche, le droghe migliorerebbero l’esperienza spirituale delle persone, con effetti positivi nella vita di ogni giorno (meno ansia, più fede, più tranquillità).
Il deismo non è una vera religione?
L’ultima obiezione potrebbe essere che il Deismo non è una vera religione, ma una filosofia. Questa affermazione, che può sembrare vera per certi aspetti, in realtà è offensiva nel termini. Una filosofia che afferma che Dio esiste e che a creato tutto il conoscibile, come può non essere definita religione? Certo, il deismo non è una religione rivelata, non ha profeti né testi sacri. Ma è una religione naturale. Siamo abituati a pensare che le “religioni” siano solo quelle monoteiste abramitiche, ma in realtà esistono anche religioni atee, come il Buddhismo, riconosciuto dallo Stato italiano.
I deisti credono sinceramente a Dio, che la vita sia un dono divino e che il libero arbitrio sia sacro. Questo fa di loro persone molto religiose, almeno nell’ottica del deista Albert Einstein, il quale affermava di essere un “religioso non-credente”, stessa posizione del deista Carl Gustav Jung, che dichiarava: “io credo soltanto in ciò che so per esperienza. Questo mette fuori campo la fede. Dunque io non credo all’esistenza di Dio per fede: io so che Dio esiste.”
Io deisti non sono “credenti”, ma sono “religiosi”. I Deisti non hanno “fede” in Dio, in un profeta o in un libro magico, i Deisti “sanno” che Dio esiste, perché ritengono la sua esistenza del tutto razionale. Da un punto di vista esterno possono sembrare credenti come tutti gli altri, ma allora non si capisce perché a loro non dovrebbero essere concessi gli stessi diritti di tutti gli altri.